Più tempo, fino al 30 settembre prossimo, per effettuare le spese di ristrutturazione nelle villette, recuperando l’agevolazione del 110 per cento. E poco meno di otto mesi, fino al 30 novembre, per effettuare le comunicazioni di cessione e sconto in fattura relative alle spese 2022, pagando la sanzione da 250 euro.
La legge di conversione del decreto cessioni (Dl n. 11/2023) incassa il via libera definitivo con il voto di fiducia (94 voti favorevoli, 72 contrari e 2 astenuti) del Senato, dopo un passaggio lampo: solo martedì, infatti, il testo era passato da Montecitorio. A questo punto, manca solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale prima dell’entrata in vigore delle nuove regole. Potrebbe anche passare qualche giorno, dal momento che il termine per la conversione è fissato al 17 aprile. Il calendario delle agevolazioni per la casa è, però, di fatto già cambiato.
Il rinvio meno atteso è quello che riguarda unità indipendenti e abitazioni unifamiliari. Per dare modo ai contribuenti di chiudere i cantieri, nonostante i ritardi accumulati in quest’ultimo periodo, ci saranno sei mesi di tempo in più. Non si tratta, però, di nuovi lavori, ma di interventi che, alla data del 30 settembre scorso, avevano già raggiunto la soglia del 30% dell’avanzamento.
È una proroga molto particolare, invece, quella messa in campo per le opzioni di cessione e sconto relative al 2022. Non viene, infatti, spostato il termine ordinario, del 31 marzo, che ormai è scaduto. Fino al 30 novembre potranno effettuare la cosiddetta “remissione in bonis” tutti quei soggetti che, entro fine marzo, non avevano sottoscritto un contratto di cessione. Questa chance sarà disponibile solo a pagamento (al costo di 250 euro) e solo per gli acquisti fatti da banche e da altri soggetti qualificati, come società di gruppi bancari, assicurazioni e altri intermediari finanziari.
I tempi saranno decisivi anche per la nuova possibilità di utilizzare in dieci anni le detrazioni del superbonus: una possibilità introdotta per aiutare chi ha una capienza fiscale più bassa. L’allungamento sarà possibile solo per le spese relative al 2022. Inoltre, nella dichiarazione del 2023 non andranno indicate rate relative al 110% che si vuole spalmare su più anni. L’opzione, infatti, andrà inserita nella dichiarazione 2024. A partire dall’anno prossimo partirà l’utilizzo in dieci anni.
Di fatto, quindi, incrociando i termini della remissione in bonis con questa nuova strada, i contribuenti con spese di superbonus effettuate nel 2022 potranno prendersi qualche mese per cercare un acquirente, sperando nella piena ripartenza del mercato delle banche. Nel caso in cui non lo trovino, potranno saltare la dichiarazione 2023 e portare la prima rata delle spese realizzate nel 2022 all’interno della dichiarazione 2024, avviando l’utilizzo in dieci anni. Quindi, il termine per la nuova opzione sarà il 30 settembre 2024 per chi presenta il 730 e il 30 novembre 2024 per chi usa il modello Redditi. Salvo modifiche al calendario fiscale del prossimo anno.
Nella nuova versione del decreto, nonostante diverse deroghe (ad esempio per Iacp, Onlus e per i lavori di rimozione delle barriere architettoniche), resta intatto lo stop a cessione del credito e sconto in fattura. Scatta dal 17 febbraio scorso. Saranno salvi, con regole diverse a seconda della tipologia di intervento, solo i lavori che erano avviati alla data del 16 febbraio. Si registrano, su questo fronte, diverse correzioni, a partire da quelle in materia di preliminari di acquisto e di edilizia libera. Anche se, sul fronte dei piccoli lavori, peserà moltissimo nei prossimi mesi l’assenza di uno strumento utilizzatissimo, come lo sconto in fattura: «Bene l’approvazione del Dl superbonus – commenta infatti Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo -, risolta almeno l’ingiustizia che penalizzava ordini già avviati per lavori in edilizia libera, esclusi da Dl cessione crediti. Ora indispensabili misure strutturali per pianificazione a medio-lungo termine».