Un bagnante che per qualsiasi motivo, ami fare il bagno in una spiaggia pubblica , qualsiasi essa sia a cui si accede solo attraversando una strada privata di proprietà di un condominio, chiusa con un cancello o semplicemente con una sbarra, come ad esempio per gli alberghi “Sciaccamare” di Sciacca, che hanno vinto una diatriba legale con il Comune e la strada di acceso alla spiaggia è divenuta privata.
In casi simili, sulla sbarra è apposto un cartello: “Accesso non consentito agli estranei, anche a coloro che vogliono arrivare in spiaggia”. Il bagnante, incurante del divieto, entra ugualmente; viene fermato da un vigilante o da uno dei proprietari delle villette il quale lo accusa di invasione della proprietà privata e minaccia di denunciarlo ai carabinieri. Il bagnante sostiene che essendo la spiaggia pubblica, non si può impedire il passaggio ad essa neanche in caso di strade private. L’altro fa notare che volendo, la spiaggia può essere raggiunta a piedi da altri lidi o altre strade dalle quali si può accedere liberamente.
Chi ha ragione?
La Cassazione ha offerto una soluzione a questo tipo di diatribe.
Vediamo cosa dice la sentenza. n. 24390/2017…
COMUNE di CARINI;
– intimato –
avverso la sentenza n. 168/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata il 14/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/02/2017 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI.
OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO
Il Tribunale di Palermo respingeva l’appello interposto dal Condominio (OMISSIS) in (OMISSIS) nei confronti del Comune di Carini avverso la sentenza del Giudice di pace di Carini che aveva respinto l’opposizione proposta dal medesimo Condominio in ordine alla sanzione amministrativa irrogata dal Comune per violazione dell’articolo 20 C.d.S. per illegittima occupazione di una strada ad uso pubblico mediante l’apposizione di due cancelli in ferro che impedivano la libera circolazione e l’accesso al pubblico verso beni del demanio marittimo. A sostegno della decisione adottata il giudice del gravarne rilevava che l’indiscussa natura privata della strada non impediva, ma anzi valorizzava l’aspetto funzionale di varco al mare, si’ da qualificarla come strada di uso pubblico, circostanza che legittimava il Comune ad adottare provvedimenti di regolamentazione del traffico veicolare ed a disporre la rimozione di quanto ostacolasse tale uso pubblico della strada.
Avverso la predetta decisione ha proposto ricorso per cassazione il Condominio, sulla base di due motivi.
Il Comune intimato non ha svolto difese.
La proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., nel senso della manifesta infondatezza del ricorso, e’ stata notificata al ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Il primo motivo di ricorso, con il quale viene dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 111 Cost., articoli 113 e 132 c.p.c., nonche’ articolo 118 disp. att., lamentando che il giudice distrettuale avrebbe erroneamente integrato la motivazione della sentenza di prime cure, che invece era nulla per totale carenza della parte motiva, non puo’ trovare ingresso.
Nell’appellare la decisione di primo grado, che aveva accertato la sussistenza del fatto contestato dalla Polizia municipale del Comune di Carini all’Amministratore del Condominio (OMISSIS), con il verbale di infrazione n. (OMISSIS), il ricorrente aveva lamentato “la illogicita’ della motivazione” del giudice di prime cure, per incomprensibilita’ dei motivi di rigetto del ricorso, che dogmaticamente aveva affermato che il tratto di strada di (OMISSIS) “e’ senza dubbio connotato dal requisito della demanialita’”.
Orbene il vizio di nullita’ della sentenza di prime cure per mancanza di motivazione (articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4) non rientra fra quelli, tassativamente contemplati, che, a mente dell’articolo 354 c.p.c., comportano la rimessione della causa al primo giudice. In tali ipotesi, quindi, il giudice del gravame, ove ritenga la sussistenza del vizio, deve porvi rimedio, pronunciando nel merito della domanda, senza che a cio’ osti il principio del doppio grado di giurisdizione, che e’ privo di rilevanza costituzionale (cfr, ex plurimis, da ultimo, Cass., 17 giugno 2014 n. 13733). Ne consegue l’inammissibilita’ per carenza di interesse del motivo all’esame, posto che l’eventuale accoglimento dell’eccezione svolta non avrebbe comportato la rimessione al primo Giudice e impedito la decisione nel merito da parte della Corte territoriale.
Il secondo motivo, con cui viene dedotta la violazione e la falsa applicazione della L. n. 37 del 1985, articolo 12 della Regione Sicilia, il travisamento dei fatti e degli elementi documentali prodotti, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e’ parimenti privo di pregio.
Il giudice di merito fondatamente ha ritenuto legittima l’emissione dell’ordinanza impugnata da parte della Polizia Municipale del Comune di Carini dal momento che la normativa regionale invocata si limita a disporre che “I Comuni costieri sono obbligati, in sede di formazione degli strumenti urbanistici generali, a prevedere i necessari accessi al mare con eventuali aree di parcheggio pubblico”.
Al riguardo e’ stato correttamente evidenziato, nella decisione impugnata, che la sentenza del Tribunale di Palermo del 16.6 – 12.11.1983, che ha attribuito alla strada de qua la natura privata, non e’ incompatibile con l’attivita’ esercitata dal Sindaco con l’ordinanza n. 30 dell’8.4.2009 di disciplina dei varchi al mare.
Conseguentemente condivisibile ed aderente all’accertamento in fatto della destinazione ad accesso al mare risulta la qualificazione della strada come di uso pubblico fornita dal giudice di merito.
Quanto infine al preteso travisamento dei fatti ed al vizio motivazionale, e’ inammissibilmente dedotto, poiche’ il Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ha riformato il testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, stabilendo che le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado possono essere oggetto di ricorso per cassazione solo “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti” e non piu’, come previsto dal testo precedente, CLper omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.
L’attuale versione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che, ai sensi del Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 3, trova applicazione nei confronti di ogni sentenza pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ovvero dall’11 settembre 2012, e’ interpretata dalla giurisprudenza nel senso che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non e’ denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo piu’ inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ne’ in quello del precedente n. 4 (CAss. 10 giugno 2016 n. 11892). In particolare, dopo la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), il vizio motivazionale previsto da tale ultima disposizione sussiste qualora la corte di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, oppure ricorrano una “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, una “motivazione apparente”, un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, a nulla rilevando il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. 8 ottobre 2014 n. 21257).
Nella specie il ricorrente ha contestato, nella sostanza, la valutazione, da parte del Tribunale di Palermo la natura della strada in questione, con la conseguenza che non e’ possibile prospettare l’omesso esame di un fatto o l’esistenza di una motivazione mancante od apparente.
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
Alcuna statuizione deve essere assunta in ordine alle spese di lite, non avendo l’amministrazione intimata svolto difese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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